Nota di chiarimento in merito all’articolo pubblicato lunedì 4 marzo 2024 dal quotidiano la Repubblica intitolato“Al Circeo il tempo si è fermato – qui si vive ancora nel feudalesimo” e a firma di Clemente Pistilli.

 

I lettori di questo articolo, sono a conoscenza della battaglia che sta conducendo il nostro Comitato riguardo le Trascrizioni eseguite dagli eredi Aguet sulle nostre proprietà; poiché la nostra battaglia si basa su ricerche di documenti tecnico-legali che dimostrino la mancanza di presupposti riguardo alle suddette Trascrizioni e all’ effettiva esistenza di Contratti di Enfiteusi con la popolazione di S.Felice, non possiamo permettere che vengano diffuse notizie non provate da alcun documento scritto e registrato presso gli Archivi dello Stato Italiano.

 

  • Nell’articolo, scitto sicuramente in buona fede, si da per scontato la Costituzione di Enfiteusi da parte del Principe Ponoiatowsky nel 1813 : ““I diritti baronali stabiliti dal Principe Poniatowsky nel 1813 non sono mai stati aboliti e pesano ancora oggi su 3000 immobili Scatta la class action”.

Vorremmo sapere su quali basi storiche-documentali con validità legale vengano fatte queste dichiarazioni, perché farebbe comodo anche a noi averne documentazione; inoltre, tale dichiarazione, senza prove concrete, può ingenerare nel lettore la convinzione che “Non c’è nulla da fare, il vincolo esiste e per cui dovete pagare e basta!” convinzione molto dannosa agli effetti della nostra battaglia.

Storicamente poi non si è tenuto conto che nel 1813 lo Stato della Chiesa era stato occupato dall’Impero Francese che aveva imposto a buona ragione il rispetto del Codice Napoleonico, il quale non prevedeva il Livello, l’Enfiteusi e il Censo (vedi libro Secondo – Dei Beni e delle differenti modificazioni della Proprietà – art.516-710); in tale Codice l’ unico titolo confrontabile all’ Enfiteusi è l’Usufrutto, diritto che prevede ben altre implicazioni, ma di questi non si fa mai menzione in alcun documento.

Il buon Ponoiatowsky, molto più vicino alle posizioni politico-culturali imposte da Napoleone, rispetto a quelle retrograde che hanno sempre contraddistinto lo Stato della Chiesa, non avrebbe di certo infranto tali regole, stipulando Contratti di Enfiteusi, che in quel momento sarebbero stati comunque illeggittimi.

Ma al difuori di ciò, nelle nostre ricerche tali affermazioni presenti nell’ articolo, non trovano mai alcun riscontro se non nella narrazione popolare presente in alcuni testi, senza citare riferimenti documentali, o in qualche intepretazione di improvvisati “storici”. Dai documenti registrati e pubblici conservati presso gli archivi dello Stato Italiano ante unità d’Italia e a seguire presso le conservatorie immobiliari a decorrere dal 1870 risulta che il Poniatowsky non stabilì o confermò l’esistenza di diritti atipici o quantomeno di livello-enfiteusi su quello che oggi è il territorio del Circeo.

Va ricordato che sin da papa Urbano VIII, nel regno ecclesiastico esisteva la norma del Registro ove venivano censiti tutti i contratti (inclusi di Enfiteusi, censo o altri diritti atipici) affinché si potessero difendere i diritti attribuiti sia in giudizio che fuori giudizio. Tale norma fu ribadita nel 1801, nel 1816 e con il codice civile della Reverenda Camera Apostolica del 1834 che rimase in auge sino a che la chiesa perse San Felice. Pertanto l’ordinamento ancora oggi prescrive che “se non c’è contratto, non c’è nulla!”.

Da aggiungere che difficilmente il Ponoiatowsky avrebbe potuto stipulare Contratti di Enfiteusi al ritorno del Papa, dal 1814 al 1821, in quanto per la sua posizione favorevole a Napoleone fu censurato anche a causa della stipula di contratti in aperta violazione di quanto convenuto, prima dell’ occupazione francese, con la Reverenda Camera Apostolica che si riservava il controllo sul Feudo esercitando il cosiddetto “Alto Dominio”.

Si fa presente che il computo di 3.000 immobili è inferiore a quello reale.

Inoltre, dalle nostre ricerche, in merito alla frase “nel 1881 Ottavio Giachetti acquistò San Felice, quando lo stato Italiano cedette quell’area” dobbiamo precisare che lo Stato unitario d’Italia, prima dei pubblici incanti andati deserti e della vendita dei beni presunti Demaniali ai Privati,  fece fare prima una perizia nel 1874 dal perito Angelo Bracci (che già ricopriva tale ruolo nel decaduto stato ecclesiastico), in ossequio dell’ apposita norma vigente ( Legge 793/1862 e relativo Regolamento di Applicazione).

Per operare tale perizia estimativa, qualora il perito non avesse riscontrato l’esistenza di contratti e la loro rispondenza alle scritture catastali, le norme della legge 793/1862 richiamata e relativo Regolamento, prevedevano la redazione di una perizia sommaria. E infatti il perito Bracci farà una perizia SOMMARIA che per una sola porzione del territorio del Circeo, presuntivamente collocata nel ben più esteso ex Feudo di San Felice, accertò che vi era la consuetudine che piccoli fondi fossero coltivati dai contadini locali; se fossero esistiti contratti di qualsiasi tipo il Bracci avrebbe saputo dove e come trovarli in modo da  redigere una perizia ordinaria anziché sommaria; invece, non trovandoli fu costretto ad usare la parola consuetudine.

A ulteriore prova di ciò, nella Ratifica dell’atto di Compravendita tra Demanio e il primo acquirente dell’ ex-feudo tale Ottavio Giachetti, nel 1881 la Corte dei Conti omise di indicare nella vendita i Fondi presunti a pagamento di qualsiasi emolumento allo stato Italiano, ma non certi e senza contratto (quelli oggi presunti assoggettati a livello).

Noi riteniamo che, nonostante si possa trovare in alcune registrazioni catastali che non hanno valore probatorio la definizione di enfiteuta, in realtà, in assenza di contratti, i coltivatori originari siano sempre rimasti canonisti, ossia affittuari, e di conseguenza abbiano acquisito il titolo di proprietari a seguito delle Trascrizioni a proprio nome avvenute oltre 60 anni fa.

 

  • In merito alla Class Action indicata nell’articolo, la legge Italiana non la prevede tra privati, mentre si ammette quando la controversia riguarda un soggetto privato contro una persona giuridica pubblica. Pertanto se a causa di tale errata notizia partisse un’azione legale priva di fondamento legale si creerebbero danni a tutta la comunità per la conseguenza negativa che ne deriverebbe un precedente.

 

  • Per ultimo, poiché il nostro Comitato è stato citato nell’articolo, avremmo gradito un coinvolgimento sulla nostra posizione prima di “andare in stampa” anche in riferimento ad un nostro precedente incontro con i redattori della trasmissione “Le Iene” che non pubblicò quanto avevamo espresso per impossibilità di verificare con la controparte le nostre affermazioni; pertanto  riteniamo che almeno ci debba essere un “diritto di replica” rispetto a quanto indicato nell’ articolo e da noi non condiviso, che può essere valutato già leggendo il presente post.

 

 

Basta ai presunti diritti feudali Circeo