Glossario

 

enfitèuṡi

«locazione che dà il tempo di far piantagioni e di godere dei frutti»]. – Nel linguaggio giur., diritto reale su un fondo altrui, urbano o rustico, in base al quale il titolare (enfiteuta) ha la facoltà di godimento più pieno (dominio utile) sul fondo stesso, dovendo tuttavia migliorare il fondo e pagare al proprietario (direttario o concedente) un canone annuo in denaro o in derrate.

L’enfiteusi è un diritto reale di godimento su cosa altrui consistente nel potere di utilizzare un fondo altrui, percependone i frutti, con l’obbligo di migliorarlo e di pagare un canone periodico in denaro o in natura.

Si ha enfiteusi quando il proprietario, che non vuole direttamente interessarsi di un bene immobile, ne cede ad altri il godimento, con l’obbligo di pagare un canone e di migliorare il fondo. La costituzione, che è fatta in perpetuo o per lungo tempo (è chiamata anche locazione perpetua) è quasi una virtuale alienazione.1

Questa la definizione che fornisce Alberto Trabucchi di un istituto di origine medioevale e ormai caduto in disuso, pur contemplata la sua disciplina dal legislatore del 1942 al Titolo IV del Libro Terzo del Codice Civile.

La costituzione dell’enfiteusi avveniva in passato con ampia diffusione per destinare a colture estesi terreni boschivi, paludosi o incolti, ma anche per il miglioramento dei fondi urbani e proprio per realizzare tali finalità richiedeva (e tuttora è previsto in termini di durata) un limite minimo di vent’anni (art. 958).2 E’ un diritto reale di godimento su cosa altrui che si acquista per contratto con la stipulazione in forma scritta a pena di nullità e soggetta a trascrizione nei registri immobiliari, per testamento (eredità o legato), per legge (successione legittima o necessaria a causa di morte) o per usucapione con il possesso continuato e ininterrotto uti dominus per almeno vent’anni del diritto sul fondo. L’enfiteusi può essere ceduta a terzi e trasmessa agli eredi (art. 965).

 

 enfitèutico

Di enfiteusi: contratto, vincolo e.; rendite e.; fondo e., concesso o goduto in enfiteusi; canone e., il corrispettivo del godimento del fondo, pagato dall’enfiteuta al concedente.

 

 pazionato

agg.  Soggetto a determinate limitazioni in seguito a un patto, a un accordo: enfiteusi p., nel medioevo, quella concessa soltanto per tre generazioni anziché in perpetuo.

 

 devoluzióne

diritto di devoluzióne, il diritto del proprietario del fondo enfiteutico di far cessare l’enfiteusi riottenendo così il dominio utile..

 

 ricognizióne

In diritto agrario, r. dell’enfiteusi, riconoscimento del diritto del concedente effettuato, su richiesta e a spese di questo, da chi abbia il possesso del fondo, un anno prima che si compia il ventennio della concessione, per evitare l’usucapione del fondo stesso da parte del possessore.

 

 domìnio

domìnio utile, domìnio diretto, nell’enfiteusi, il rapporto, rispettivamente, tra l’enfiteuta e il fondo, e tra il concedente e il fondo;

  

 enfitèuta

Chi ha il godimento di un fondo nel rapporto di enfiteusi.

All’enfiteuta dunque è concesso in perpetuo o per un certo tempo il potere di utilizzare un fondo con l’acquisizione degli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo stesso e delle sue accessioni, sul tesoro e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo (art. 959). Può disporre del suo diritto (ma non del fondo che rimane di proprietà del concedente) sia per atto tra vivi che per testamento (art. 965 e 967) e può affrancarlo in qualsiasi momento, pagando al proprietario, che non può opporsi all’esercizio di tale diritto, una somma che l’art. 1, comma 4 della L. n. 607/1966 indicava pari a 15 volte il canone annuo (art. 971).

Tra gli obblighi dell’enfiteuta è contemplato quello di migliorare il fondo, realizzando opere o iniziative dirette a incrementare il valore del terreno o aumentarne la produttività e quello di pagare al concedente un canone periodico che può consistere in una somma di denaro o in una quantità fissa di prodotti naturali; esso non può essere ridotto, nè rimesso per qualunque insolita sterilità del fondo o perdita di frutti (art. 960). Nel caso di confiteuti o eredi dell’enfiteuta l’obbligo del pagamento del canone grava su di essi solidalmente finché dura la comunione e il diritto di regresso fra di loro; l’eventuale godimento separato o la divisione del fondo determinano per ogni enfiteuta un obbligo proporzionale al valore della propria porzione (art. 961).

Sicuramente le ipotesi di frazionamento del canone e del fondo con frequente pregiudizio al concedente non potevano essere risolte dal legislatore con la sopravvivenza del vincolo solidale anche dopo la cessazione dello stato di comunione: le finalità proprie della divisione del fondo pertanto si realizzano con la conseguente estinzione della solidarietà solo dopo l’accertata e concreta attuazione del godimento separato delle varie porzioni del fondo stesso.

Abrogato l’art. 962, la disciplina relativa al calcolo e all’aggiornamento dei canoni è stabilita in due leggi speciali, la L. n. 607/1966 e la L. n. 1138/1970, per le quali successivamente la Corte Costituzionale3 ha dichiarato l’illegittimità dei criteri di calcolo prescritti, modificandone la portata e soprattutto indicando come principio generale la regola per cui i canoni devono essere periodicamente aggiornati mediante l’applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere adeguata, con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con l’effettiva realtà economica,4 la cui determinazione con una regolamentazione della materia è di pertinenza del legislatore. Possibili soluzioni pratiche tuttavia, vista l’assenza di interventi successivi, sono state indicate da una circolare del Ministro dell’Interno che ha ritenuto quale modalità del calcolo del capitale di affranco il criterio dettato per il computo dell’indennità di esproprio ordinaria che per i terreni agricoli è calcolata in base al valore agricolo medio del tipo di coltura in atto nell’area da espropriare, stabilito annualmente da rilevazioni operate da un’apposita commissione provinciale.5 Più compiutamente la circolare n. 29104/2011 dell’Agenzia del Territorio, superando la precedente nota ministeriale e aderendo al principio indicato dalla Corte Costituzionale, ha indicato come valido il criterio dell’indennità di esproprio per pubblica utilità dei fondi rustici per rapportare i canoni ed il capitale di affrancazione alla effettiva realtà economica, senza più fare ricorso al criterio del reddito dominicale rivalutato, ormai di obsoleta applicazione, nonostante la successiva normativa in tema di determinazione dei coefficienti di rivalutazione dei redditi dominicali (L. n. 228/2012 e successive modificazioni di cui L. n. 208/2015).

Il concedente dal canto suo può chiedere, come vedremo, la liberazione del fondo enfiteutico (devoluzione) in caso di suo deterioramento, di mancato adempimento dell’obbligo di miglioramento o di morosità nel pagamento dei canoni pari a due annualità (art. 972), rimborsando all’enfiteuta i miglioramenti e le addizioni effettuate alla cessazione del suo diritto (art. 975); ancora può chiedere la ricognizione del proprio diritto di proprietà un anno prima del compimento del ventennio nei confronti del possessore del fondo (art. 969).

 enfiteuticàrio

  • Enfiteuta: fu detto «canone» … ciò che dall’ enfiteuticàrio si paga al padrone del fondo datogli in enfiteusi (Vico).

  

concedènte

Che o chi fa una concessione. In partic., nei contratti agrarî di natura associativa, colui che ha la detenzione legittima del fondo (proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta) e lo ha concesso a mezzadria o colonìa parziaria; nell’enfiteusi, il proprietario del fondo stesso.

 

direttàrio

Proprietario diretto di un fondo che sia stato concesso in enfiteusi.

 

dirètto

In diritto, dominio dirètto , nel contratto di enfiteusi, il rapporto di proprietà tra il concedente e il fondo, contrapp. al dominio utile, che specifica il rapporto tra l’enfiteuta e il fondo;

 

affrancazióne

L’affrancare, il rendere franco, libero: a. d’uno schiavo, di una proprietà. Nel linguaggio giur., liberazione da un onere perpetuo, gravante su persona o cosa, effettuata mediante una controprestazione (per es. una somma di denaro) da parte dell’obbligato: a. da enfiteusi; a. da usi civici, ecc.

 

riscattare

Nell’uso comm., liberare un bene da ipoteche, servitù, clausole e oneri varî gravanti su esso: r. un fondo, r. un appartamento locato con patto di futura vendita..

 

Estinzione enfiteusi

L’enfiteusi può estinguersi per scadenza del termine (se temporanea), per prescrizione in caso di non uso ventennale del diritto (art. 970) o per rinuncia ad esso, per consolidazione, per affrancazione quando con atto unilaterale il concessionario paghi al proprietario un valore come stabilito dalle leggi speciali, per devoluzione quando il proprietario chieda giudizialmente la cessazione dei diritti dell’enfiteuta e la liberazione del fondo per il mancato adempimento degli obblighi a suo carico previsti (artt. 972974). Se l’enfiteuta paga i canoni arretrati prima della sentenza il proprietario non può più esercitare il suo potere di devoluzione, mentre il bene può comunque essere affrancato anche in pendenza di una causa di devoluzione. Infine l’enfiteusi può estinguersi per perimento totale del fondo (art. 963), ossia quando il diritto non è più esercitabile per la perdita delle capacità produttive del fondo stesso e per il cessare della sua attitudine a procurare una qualsiasi utilità economica, non integrata l’ipotesi dalle diverse finalità attribuite ad esempio ad un fondo prima agricolo poi urbano per il quale l’utilizzo realizza comunque intenti e scopi di redditività economica. Se, a causa di un perimento parziale ma di notevole entità, il canone risulta sproporzionato al valore della parte residua, l’enfiteuta può chiedere entro un anno dall’avvenuto perimento, una congrua riduzione del canone o rinunciare al suo diritto, restituendo il fondo al concedente, salvo il diritto al rimborso dei miglioramenti effettuati sulla parte residua (art. 963).

 

precària

Nel medioevo, termine col quale si indicava la richiesta di beni immobili in godimento, e forse anche di diritti, fatta in forma di preghiera, per una durata determinata e con l’impegno di un certo corrispettivo (la corrispondente concessione era chiamata prestària); nel tardo medioevo, venendo a confondersi con le concessioni feudali, con l’usufrutto e con le enfiteusi, tale istituto decadde e finì con lo scomparire. Anche, i beni ottenuti in tale modo e il corrispettivo per essi versato.

 

Livèllo

Particolare figura di contratto agrario, largamente diffuso in Italia (dal sec. 7°, e spec. tra il sec. 9° e il 13°), per il quale un proprietario terriero (concedente) dava una terra in godimento ad altra persona (livellario), per un certo periodo di tempo e a determinate condizioni. Lo stesso termine indicava anche ciascuno dei due documenti di ugual tenore che si scambiavano a reciproca garanzia il concedente e il livellario, e il compenso (di regola un canone annuo) che quest’ultimo era tenuto a corrispondere al proprietario.

Il “livello” o “precario” è un istituto giuridico utilizzato in epoca imperiale e diffusissimo fino al 1800; privo di una propria configurazione normativa, la sua definizione deriva dal latino “libellus”, documento che conteneva il contratto di livello con gli obblighi imposti al livellario. In pratica era un contratto agrario con il quale il proprietario del fondo (titolare del dominio diretto) concedeva al livellario (titolare del dominio utile) il possesso e lo sfruttamento del fondo in cambio dell’obbligo di pagamento di un canone in denaro o in natura (una percentuale del raccolto) e di miglioramento del fondo per una durata perpetua o per vent’anni rinnovabili con la ricognizione al diciannovesimo anno. Nella stipulazione del livello concedenti erano spesso nobili, monasteri e chiese, avendo, come l’enfiteusi, la funzione di ripopolare territori abbandonati a seguito di vicende belliche, distinguendosi dall’istituto maggiore per la figura del concedente che poteva non essere il proprietario del fondo ma l’enfiteuta stesso e per la possibile mancata previsione dell’obbligo di miglioramento del fondo. L’uso unificato dei due istituti finì nelle codificazioni moderne per accettare anche una pressochè totale uniformità di disciplina tra codice civile e leggi speciali in materia appunto di enfiteusi.6 Con gli strumenti dell’affrancazione e della devoluzione il livellario poteva diventare proprietario del bene, pagando una somma di denaro pari a 15 volte l’ammontare del canone (art. 9, L. n. 1138/1970) e il concedente poteva ottenere la liberazione del fondo per le stesse ragioni e con le stesse modalità previste dall’art. 972.

 

livelli Estinzione

 Le recentissime necessità economiche per Enti pubblici e Comuni hanno in qualche modo “riesumato” vecchie e dimenticate pretese fondate su tali istituti, senza contare comunque i casi di reviviscenza di vecchie stipulazioni, apparentemente inesistenti, emergenti dalle ispezioni catastali e dalle visure relative a ipoteche ultraventennali a garanzia dei canoni, mai rinnovate. Pertanto ai correttivi operati dalla L. n. 3/1974 (limitatamente alla Regione Veneto) e dalla L. n. 16/1974, propriamente finalizzati ad eliminare per ragioni di antieconomicità diritti perpetui in capo solo alle Amministrazioni e Aziende autonome dello Stato, ha fatto seguito la L. n. 133/2008 (abrogativa della citata L. n. 16/1974) e tuttora in vigore l’art. 60 della L. n. 222/1985. Da una sintesi di tali interventi la reale e attuale sussistenza dei livelli porta a diverse situazioni, anche geograficamente distinte, soprattutto in base alla natura del soggetto concedente, a seconda che si tratti di un’amministrazione statale, di un comune, di un ente ecclesiastico o comunque di altro soggetto, esclusi però gli enti locali a proposito dei quali, mai legislativamente menzionati, è possibile dedurre la facoltà di rinuncia alla riscossione dei canoni.

  

Domìnio

Domìnio utile, Domìnio diretto, nell’enfiteusi, il rapporto, rispettivamente, tra l’enfiteuta e il fondo, e tra il concedente e il fondo; vendita con patto di riservato d. (o, più propriam., con riserva della proprietà), vendita a rate nella quale, per effetto di espressa pattuizione, il compratore acquista la proprietà della cosa solo col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna;

dirètto

In diritto, dominio dirètto  nel contratto di enfiteusi, il rapporto di proprietà tra il concedente e il fondo, contrapp. al dominio utile, che specifica il rapporto tra l’enfiteuta e il fondo;

ùtile

Nel linguaggio giur., che consiste nell’uso o riguarda l’uso, nell’espressione dominio u., il rapporto tra l’enfiteuta e il fondo (contrapp. al dominio diretto, quello esercitato dal concedente). 2

La battera