Ormai la questione dei livelli è di dominio pubblico e diversi cittadini di S.Felice che si sono trovati improvvisamente  i propri beni vincolati da un Diritto del Concedente trascritto nella Conservatoria dei Beni Immobiliari, si sono organizzati singolarmente per citare in giudizio gli eredi della famiglia che ha Trascritto nel 2013 tale Diritto senza indicare da quale Titolo Originario gli derivasse  .

 Concedente = Soggetto proprietario di un fondo concesso in enfiteusi ad altro soggetto, detto enfiteuta, il quale acquista la titolarità di un diritto reale di godimento sul fondo stesso con l’obbligo di Migliorarlo e di pagare un corrispettivo periodico al concedente in danaro (nell’antico passato si versavano annualmente beni in natura che aveva prodotto il fondo).

Oggi in merito al caso San Felice Circeo siamo in grado di pubblicare quanto emerso maggiormente sino ad oggi dalle nostre ricerche storiche.

Nella cessione dell’ ex-Feudo di San Felice avvenuta dal Demanio dello Stato all’acquirente Ottavio Giachetti, oltre a fondi agricoli e case, tutti ceduti in piena proprietà, fu venduta a corpo una porzione del territorio che il perito incaricato dall’Intendenza di Finanza non potè definire nella sua estensione, occupanti e culture ivi praticate. Ciò fu un problema, tanto che limitatamente a questi fondi risultava che erano coltivati “per consuetudine del governo passato da locali contadini”. Il problema si ripresentò quando il Ministro dell Finanze con decreto del 1874 valutò e approvò l’elenco dei beni di San Felice da poter vendere all’asta. Infatti, in tale elenco, invece di indicare che tali terreni dovevano pagare un canone, questi indicò che gli occupanti dovevano versare “emolumenti comunque dovuti al Demanio” indicando le loro ataviche particelle catastali del Catasto Pontificio di cui non aveva potuto fare Nessun riscontro in contraddittorio con i suoi occupanti.

In particolare su tale situazione gravava che il Demanio del Regno aveva preso tale porzione dal complesso immobiliare denominato Ex Feudo di San Felice senza però riuscire a trovare alcun contratto in essere con i cittadini di S.Felice possessori dei fondi ad oggi presuntivamente rivendicati per terreni Livellati-Enfiteutici.

Nel definire i Fondi Rustici come ha fatto il Demanio, a nostro parere, dà solo un’indicazione generica di come potrebbero essere gestiti tali appezzamenti dall’ acquirente dell’ ex-Feudo; infatti, non dà  alcuna indicazione riguardante il “Titolo di Costituzione dell’ Enfiteusi Perpetua Originaria” nè in merito al tipo di contratto in essere con i terrazzani locali, nè i titolari dei contratti, nè il tipo di coltivazione e dimensione degli appezzamenti, ma solo un’ indicazione “a corpo” come risulta in clausula di vendita apposta del demanio, ovvero non vendette a misura. Viceversa ricordiamo che i Codici Civili Pontifici e del Regno prevedevano che l’ Enfiteusi fosse un contratto da stipulare per iscritto per atto pubblico o scrittura privata e di questo era obbligo dell’allora conservatore conservarlo a garanzia delle parti e per pubblicità verso terzi soggetti per loro garanzia o contro chi volesse intromettersi immeritatamente.

Semplificando è come se l’accordo contrattuale con Ottavio Giachetti fosse stato: “se pur ti diamo liberi e disponibili migliaia di ettari in fondi ed acque interne (lago di Sabaudia), ti diamo a disposizione anche questa non meglio misurata porzione di territorio già in possesso dei sanfeliciani, che dovrebbero procurarti entrate annue complessive di  Lire 2750,68, ma non abbiamo indicazioni precise da cui stabilire se tali importi sono esatti e quali sono i nominativi di chi detiene i fondi;  sarà compito tuo eseguire una verifica di cosa hai senza però pretendere da me Stato un qualunquque indennizzo futuro. Insomma, con la norma del tempo il Giachetti avrebbe dovuto trasformare tale titolo incerto in uno certo e previsto dal codice civile del Regno d’Italia. Per farlo avrebbe dovuto fare una ricognizione in contraddittorio con i contadini, stabilire un canone certo e farlo sottoscrivere per accettazione da ogni coltivatore: il tutto trascritto presso la Consrvatoria di Velletri (Latina sarà fondata dopo 50 anni) o se avevsse trovato atavici contratti avrebbe dovuto quanto meno rinnovarli in considerazione che la Reverenda Camera Apostolica prima della confisca da parte del Regno concedeva a loro parziali appezzamenti a 4 scudi annui per rubbio” – si noti che gli scudi non sono lire e il rubbio è una unità di misura dell’antica Roma.

Tale situazione non è mai stata sanata attravesro una opportuna “Ricognizione” dei beni con caratteristica e qualità legale come sopra riferito e, quindi, il cosiddetto Utile Dominio, anche se può risultare indicato in alcune delle successive scritture catastali post 1870, prive di validità giuridica probatoria, ad oggi non si è mai costituito e i coltivatori sono rimasti dei semplici occupanti, ma di che? Din un bene già di loro proprietà che avevano concesso in garanzia di un atto di fedeltà verso lo stato Ecclesiastico (per cui tutto prescritto), oppure occupavano e occupano un terreno di proprietà di altri che oggi è ordinariamente usucapibile.

Gli stessi eredi Aguet nel rivendicare il Diretto Dominio sui beni derivanti dai Fondi Rustici non hanno mai esibito il Titolo Originario di Costituzione di Enfiteusi, tantomeno Perpetua. Per cui si verificherebbe che l’inesistenza della stessa o l’estinzione di una enfiteusi quando a tempo, non consente l’odierna sussistenza dei diritti reali denominati  Diretto Dominio a cui si contrappone l’Utile Dominio.

Pertanto lo stato di diritto sugli ex-fondi rustici va riconsiderato nel senso che non essendo presente alcun contratto di enfiteusi, il possessore del bene, in assenza di richiesta di pagamento di canoni per oltre venti anni avrebbe già da tanto tempo estinto un rendita perpetua (e non una enfiteusi perpetua!); e se invece fosse una enfiteusi temporale? Allora scatterebbe l’Usucapione.

Nel corso della consultazione della copiosa documentazione rilegata e trascritta presso Velletri abbiamo riscontrato che è pieno di atti di latifondisti di Terracina, Sezze, Cori, etc che ai primi del 900 avevano ispezionato i loro fondi (ricognizione) e in contraddittorio con i contadini avevano stabilito: estensione, culture, canone e poi per tramite del notaio trascrivevano il tutto.

Presso gli archivi del Tribunale di Latina I fascicoli disponibili per motivo di studio, inerenti le poche cause svolte sui livelli in San Felice denunciano che mai tale situazione abbia subito una valutazione anche per parte di quanto sopra descritto.

 

 

Basta ai presunti diritti feudali Circeo