Pensiero: cosa è l’interversione del possesso.

In verità appare: che l’interversione può configurarsi nei casi di enfiteusi agricole o urbane a condizione che tale titolo sia stato effettivamente costituito per iscritto all’origine. Pertanto l’interversione del possesso non può esistere in caso di un livello perché, essendo un titolo atipico, non è contemplato tra i  diritti reali nel Codice civile.

L’interversione avviene quando il contadino enfiteuta, che coltiva il fondo nel tempo, cede il terreno ad altri senza che in atti sia menzionata l’esistenza dell’enfiteusi: tale negligenza rimane trascritta in Conservatoria. In tal modo si omette la menzione dell’enfiteusi nei successivi atti di passaggio di proprietà. Questo è un esempio di interversione che in sintesi comporta nell’ultimo acquirente la convinzione in “buona fede” di acquisizione della proprietà.

È uno dei casi in cui si può dimostrare l’interversione del possesso e, quindi, il Giudice nel decretare l’esistenza e conseguentemente va’ a riconoscere che è avvenuta l’usucapione.

Pertanto, nell’enfiteusi perpetua non è ammessa l’usucapione per non aver pagato i canoni per oltre un ventennio, mentre si può fare l’usucapione al verificarsi di eventi messi in atto dal Barone (interruzione del titolo) o dal Contadino che vanno ad ingenerare, nei futuri possessori la convinzione di essere i reali proprietari del fondo e per come tale nel tempo si sono comportati.

 

Pensiero: c’è qualche caso in cui il livello può essere usucapito con l’interversione del possesso.

In verità appare: che al verificarsi del pagamento di canoni attraverso l’esibizione delle opportune ricevute da una delle due parti (barone o contadino), si verifica che il fondo sia stato oggetto di evidenti miglioramenti agricoli (dai miglioramenti sono esclusi i fabbricati costruiti sul fondo). In tal modo si evince che il barone ha usucapito il diritto di concedente e, in tal caso, il livello è effettivamente riconosciuto in capo al contadino ed è assimilato all’enfiteusi perpetua.

Pertanto, al verificarsi del caso ove non si paghino più i canoni e conseguentemente negli atti di compravendita trascritti non sia menzionato più il “livello”, viene ingenerato nei possessori futuri la convinzione di essere i reali proprietari del fondo e con la prova che per come tale nel tempo essi si sono comportati: come sopra il Giudice è messo nella condizione di valutare se c’è l’avvenuta usucapione.

 

Pensiero: pur non essendoci le ricevute dei pagamenti dei canoni per un presunto livello e mai si è venuti a conoscenza che i precedenti possessori abbiano pagato canoni, è utile dichiarare che da oltre un cinquantennio non si paga il canone.

In verità appare: che così facendo si ingenera confusione per le decisioni dell’organo giudicante il quale, a causa di tale false dichiarazioni (se non supportate da prove), potrebbe decidere di assimilare il livello ad una enfiteusi perpetua – sebbene la Cassazione abbia più volte disposto che a nulla vale una dichiarazione del genere se nessuna delle parti presenta il contratto scritto di accensione del titolo di livello o non presenta le ricevute di pagamento dei canoni.

Nel caso di esito sfavorevole in primo grado a causa di una millantata esistenza delle ricevute, dovrà essere il vostro legale di fiducia a dipanare il qui pro quo, sempre che si sia impostato il contenzioso indicando tutti gli elementi utili sin da subito, altrimenti, come si suol dire “in appello non è possibile far entrare dalla finestra elementi che in primo grado non siano già passati dalla porta principale per le valutazioni”.

 

Pensiero: nel caso di una enfiteusi urbana (centro storico), il fatto che negli anni si siano fatti lavori di ristrutturazione straordinaria come dotare l’immobile di gas, energia elettrica, acqua potabile e fognature, permetterebbe di invocare l’usucapione?

In verità appare: che nel caso di enfiteusi urbana, sia di carattere perpetuo o a tempo, il dovere del possessore è di fare miglioramenti sull’immobile a sue complete spese. Infatti, il contratto di enfiteusi prevede che l’imposizione fiscale e i miglioramenti (nuovi pavimenti, solai, tetto, servizi igienici, allacci alle utenze o alle opere urbanistiche), sono interamente a carico del possessore e non del barone.

Invocare quanto sopra in un contenzioso per perorare l’avvenuta usucapione non serve a nulla.

 

 Pensiero: può esistere un immobile urbano su cui grava un livello?

In verità appare: che nel caso di livello urbano, occorre eseguire una ricostruzione storico-tecnica corredata dagli atti di passaggio del possesso intervenuti nel tempo.

Infatti, il livello urbano è ancora più raro dell’enfiteusi urbana. Molte volte, attraverso una ricerca storica si ritrova a monte un contratto di enfiteusi perpetua e quindi non ci si trova davanti ad un livello urbano bensì ad un errore materiale d’iscrizione catastale della partita possessori.

Comunque si sono riscontrati alcuni livelli urbani gravanti su edifici edificati in centri storici perché questi furono costruiti su vecchi orti di piccole dimensioni.

Indicativamente si può consultare una pianta a colori del 1805 che evidenzia dove erano posizionati gli orti a San Felice.

In conclusione, omettendo di fare una ricerca storica e fidandosi delle iscrizioni catastali che non hanno nessun valore di prova, si mette l’organo giudicante in una situazione per la quale va’ a sentenziare una cosa diversa dalla realtà e non per sua colpa, ma per incuria delle parti che si costituiscono in giudizio.

Inoltre, se sull’immobile non esistono ricevute di pagamento di canoni, non esiste un contratto scritto è presumibile che il diritto del barone non esista.

 

Pensiero: può esistere l’enfiteusi anche se non si presenta in giudizio il contratto costitutivo.

In verità appare: che nel caso di mancata esibizione del contratto scritto di enfiteusi a nulla vale che le parti dichiarano che esiste tale diritto reale, il Codice civile è chiaro “i diritti reali si creano attraverso un contratto originario scritto”.

Molte volte il contratto non viene esibito in quanto sfavorevole al Barone perché i miglioramenti intervenuti nel tempo su un bene che ai primi del ‘900 era pressoché al di sotto di una decorosa fruibilità, oggi avrebbe un valore troppo consistente e in caso di restituzione al Barone, questi dovrebbe rifondere una elevata somma all’enfiteuta.

A quanto sopra si aggiunge che il canone indicato nell’atto costitutivo (se mai aggiornato nel tempo con una ricognizione trascritta), avrebbe un valore annuo che oscilla dalle 5 lire alle 15 lire, in tal modo rivalutandolo ad oggi, il canone è mediamente inferiore ai mille euro annui per cui saldare i cinque anni di canone arretrato e affrancare l’enfiteusi urbana comporterebbe il versamento di una somma complessiva ben inferiore alle aspettative del barone, altrimenti perché non esibire il contratto di enfiteusi?

A meno che non si sia davanti ad un diritto di superficie e non ad una enfiteusi.

 

FINE TERZA PARTE